Il guardiano del faro

notizie del giorno

›› tutte le notizie

I Blogger del Diario

›› tutti gli interventi

calendario

DoLuMaMeGiVeSa
1 2
3 45 678 9
101112131415 16
17 18 1920212223
242526272829 30
31

dalle istituzioni

newsletter

link

argomenti

Galleria fotografica

Galleria fotografica

Stelle, strisce e Lady Gaga


L'immagine: Donald e Melania, soli e molto mesti, avanzano sul prato, verso l'elicottero che li porterà via per sempre dalla Casa Bianca. Il capottone di lui, le Loboutin tacco 12 di lei. E' quasi una fuga, e non accadeva dal 1896 che un presidente se ne andasse così: insalutato e senza salutare.
L'immagine: il personale sanitario, infilato in tute semi spaziali, armato di ''cannoni'' spara nubi di vapore e disinfettante nello Studio Ovale e in tutti gli ambienti della Casa Bianca. Sanificazione, in tutti i sensi.
L'immagine: Lady Gaga, abito strepitoso di Givenchy stile StarWars, sulla scalinata di Capitol Hill canta una sua personale e molto emozionante versione dell'Inno americano, davanti all'infinita distesa di bandiere stelle e strisce che riempiono il Mall: simboliche sostitute del popolo  - "we, the people" -  escluso dalla cerimonia per ragioni di sicurezza sanitaria e non solo.

In fondo, si potrebbe riassumere anche cosi' l'Inaguration Day, il giorno dell'insediamento ufficiale di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti. Trump che se ne va, ogni sua traccia cancellata, una nuova era che inizia.
Ma ovviamente c'è molto di più.
C'è, innazi tutto, il primo giuramento di una donna come vicepresidente: Kamala Harris, un po' giamaicana e un po' indiana, mano alzata, sorriso scintillante, tradizionale giro di perle che spicca sulla pelle bruna e sul cappotto viola, scandisce la formula di rito davanti a un'altra donna: la giudice costituzionale Sonia Sotomayor, portoricana del Bronx, scelta e nominata da Obama all'inizio della sua presidenza, anno 2009. Donne, e non bianche.
E' bianca invece un'altra donna, Amy Klobuchar, senatrice del Minnesota che ha brillato nella campagna elettorale di Biden e che oggi è stata scelta come presentatrice della cerimonia. E'  donna, ed è portoricana, Jennifer Lopez, tutta in bianco, il colore delle suffragette, che per Biden-Harris canta "Questa terra è la tua terra'', una sorta di inno non ufficiale degli Usa. E' donna, ed è nera, Amanda Gorman, ventidue anni, poetessa e attivista afroamericana, che recita una sua composizione la cui frase chiave è: ''la democrazia può essere talvolta frenata, ma mai a lungo, e mai per sempre''. Mai si sono viste tante donne in ruoli cruciali su questo podio, e mai tante etnie assieme.

"Democrazia "è anche la parola che più risuona nel primo discorso di Biden come 46 esimo presidente degli Stati Uniti: un discorso, va detto, non particolarmente memorabile, più che altro pieno di frasi rassicuranti da saggio padre di famiglia (e il termine ''padre'', infatti, viene usato nel testo)  molto diverso dai discorsi alti di Obama, discorsi che facevano letteralmente volare, sognare, illudersi che una nuova era si stesse aprendo per l'America e per il mondo.
Biden no, resta ad altezza di uomo, come è giusto di questi tempi. Rassicura, usa frasi di buon senso che tutti possono comprendere. Parla di unità, parla di ''riunire l'America'' per affrontare insieme il momento gravissimo scandito dalla pandemia, dalla crisi economica, dal clima politico e sociale nel paese, ma parla soprattutto di democrazia: dice che è fragile, certo, ed è stata messa alla prova duramente; ma anche stavolta, sottolinea, "la democrazia ha vinto''. E dunque ora è il momento di uscire dalla ''guerra incivile'' e scrivere assieme una storia ''di decenza e dignità''.

Ora: vale la pena di ricordare che sono passati appena 15 giorni dal 6 gennaio, giorno in cui una masnada di gente male assortita prendeva d'assalto Capitol Hill, questo stesso luogo dove si svolge la cerimonia del giuramento. In soli 15 giorni l'America, la sua classe dirigente, è passata dallo sbigottimento di fronte all'inattesa violenza dell'invasione, al pieno ripristino delle regole democratiche e civili. Difficile dire quanti altri paesi avrebbero avuto un ''recupero'' così veloce. Si, è vero, la cerimonia è sorvegliata da un apparato di sicurezza imponente, 25 mila soldati armati sparsi per tutta Washington, ma nell'aria non si percepisce paura: piuttosto il sollievo di essersi messi alle spalle un brutto episodio.
E si, è vero, non c'è il popolo ad assistere, non ci sono i due milioni di americani che affollavano il Mall per Obama, e nemmeno i 300 mila che salutarono l'insediamento di Trump, ma più che le norme di sicurezza questo ''vuoto'' sembra una scelta razionale alla luce dell'epidemia dilagante, il problema in questo momento più concreto e immediato per tutti gli americani, di destra o di sinistra. Non a caso uno dei primissimi atti di Biden è la firma di un decreto che impone a tutta la popolazione l'uso delle mascherine. Sembra un dettaglio, ma non lo è: è l'archiviazione più simbolica possibile dell'era Trump, che del negazionismo aveva fatto una delle sue più visibili bandiere, in qualche modo collaborando a causare le 400 mila vittime americane del virus.

Poi, certo, ci sarebbero tantissime altre cose da dire, su questo 20 gennaio, tanti dettagli, anche minimi, che messi insieme fanno una storia. Per esempio Twitter, che di questa campagna, di questi eventi, è stato un protagonista, e che non appena Biden ha varcato la soglia dello studio Ovale, con tempismo perfetto ha inviato a tutti gli utenti un messaggio: ''ora che il presidente Biden e la Vice presidente Harris si sono insediati alla Casa Bianca, abbiamo archiviato l'account della precedente amministrazione. Segui la nuova @WhiteHouse per le ultime notizie sull'amministrazione Biden''. E una volta aperto il nuovo account si legge: ''Welcome to the Biden-Harris White House!". Con tanto di punto esclamativo finale. Che tradotto in parole sottintende: Trump addio, e per sempre.

Nunzia Penelope


21 Gennaio 2021
Powered by Adon