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RECOVERY PLAN

Recovery, Uil: mancano crono programma e visione sul futuro del Paese


Con l'ultima bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ci sono stati dei "miglioramenti evidenti" che però non sono "ancora pienamente" soddisfacenti perché "mancano indicazioni e decisioni esplicite su alcuni importanti capitoli per la crescita economica, sociale ed occupazionale del Paese". Così Ivana Veronese, segretaria confederale Uil, davanti alle commissioni Bilancio, Attività produttive e Lavoro della Camera, in audizione sul Recovery Plan.

Secondo la Uil sono assenti "un crono programma, strumenti per attuare i progetti e obiettivi numerici attesi. A nostro avviso anche in questa nuova versione mancano risposte esaustive ed una visione di quale Paese vogliamo costruire nei prossimi 20/30 anni", ha sottolineato Veronese.

"Ci preoccupano alcuni aspetti ancora non definiti della governance e soprattutto il possibile ritorno nel prossimo futuro alle regole del patto di stabilità, che chiediamo venga definitivamente superato e accompagnato da una nuova politica economica. Riteniamo utile sollecitare sia l'Europa che il Governo a farsi portavoce del superamento definitivo delle condizionalità macroeconomiche nell'utilizzo dei fondi della Next Generation Eu", ha aggiunto.

Per far ripartire il Paese, ha proseguito, "serve un quadro complessivo degli investimenti pubblici, in grado di attrarre anche quelli privati, programmando e coordinando gli interventi in un sistema di complementarietà delle risorse di Next Generation con quelle per la coesione europea 2021-2027 il Fondo Sviluppo e Coesione nazionale, al fine di avere una visione d'insieme delle risorse disponibili e di come allocarle".

La Uil ha sollecito "la necessità di individuare un modello efficace anche di monitoraggio che coinvolga i sindacati in ogni fase di valutazione dell'impatto, anche attraverso lo sviluppo di puntuali articolazioni territoriali".

Per il sindacato c'è bisogno di "più investimenti per migliorare l'istruzione e il mondo della conoscenza; più politiche attive del lavoro, senza però ogni volta cambiare il sistema di governance e ricominciare da capo.
Serve più ricerca e innovazione; più e migliori infrastrutture materiali, digitali e sociali, soprattutto nel Mezzogiorno, per iniziare a ridurre divari territoriali e le disuguaglianze sociali".

"Sulle politiche per i giovani crediamo che si deve e si può fare di più, investendo nell'innalzamento delle competenze, in politiche attive e mettendo in campo interventi in grado di riattivare l'ascensore sociale. Per quanto riguarda il Mezzogiorno bisogna dare avvio effettivo al Piano Sud 2030 e occorre monitorare attentamente gli interventi concreti che saranno attivati", ha fatto notare.

Infine, le donne: "ci appare scarno di indicazioni specifiche sulla quantità e sull'uso delle risorse destinate ad incrementare la promozione dell'occupazione femminile. La questione di genere è assai dichiarata ma poco riscontrabile nel testo: l'inclusione delle donne nel mondo del lavoro è cosa diversa dall'inclusione sociale delle donne", ha concluso.

E.G.


29 Gennaio 2021
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